#15 : Non ho ancora capito perché si chiami "Greenland"

#15 : Non ho ancora capito perché si chiami "Greenland"

Ok, ci siamo. È il momento.
Devo parlare della Groenlandia.
A un mese dal nostro rientro la cosa costituisce un piccolo problema per una semplicissima ragione: i dieci giorni che abbiamo trascorso su suolo groenlandese (groenlandico? groenlandino?) sono stati forse i più incredibili e inaspettati di tutto il viaggio.
Fino dalla partenza l’idea che avevamo di Svalbard e Islanda era assolutamente frammentaria e approssimativa, ma se non altro avevamo una vaga idea di cosa poterci aspettare.
Della Groenlandia invece non sapevamo quasi nulla.
Non siamo rimasti delusi.

#14 : Si finisce, si ricomincia

#14 : Si finisce, si ricomincia

La mattina dell’ultima giornata ci svegliamo con due sole certezze: dobbiamo percorrere poca strada e non dobbiamo preoccuparci di ottimizzare lo spazio nelle borse come al solito. Una volta arrivati infatti le svuoteremo un ultima volta per poi trasferire tutto il contenuto in borsoni più capienti.
Queste due considerazioni portano a una colazione lunghissima e alla peggiore organizzazione dei bagagli fino a quel momento: infiliamo più o meno a caso nelle borse tutto ciò che ci capita sottomano, il resto viene ridotto a una palla da legare al portapacchi con un numero imprecisato di elastici. Nel momento in cui dobbiamo partire la bici di Sio, già mediamente più carica delle nostre per via della tenda che sporge dal retro, è letteralmente una discarica: sopra a tenda e borse sono appese bottiglie di plastica vuote, vestiti e (per un motivo che tuttora ci sfugge) un sasso.
Partiamo tranquilli e rilassati, pensando che con un tempo del genere percorrere un cinquantina di chilometri sarà una questione da poco.

#13 : Di fiumi caldi e docce fredde

#13 : Di fiumi caldi e docce fredde

Il nostro piano, fin dall’inizio, è stato uno soltanto.
A prescindere dalle naturali variazioni di tempi e percorsi che avremmo deciso giorno per giorno l’obiettivo sarebbe rimasto uno: la Laguna Blu.
A meno di quaranta chilometri da Reykjavik, verso sud-ovest, si trova una meta obbligata per chiunque sia interessato alla vivace vita culturale e alla storia islandese: un centro termale con piscine all’aperto munito di bar centrale, in cui acquistare birre per sbronzarsi mentre si rimane a mollo nell’acqua calda. Ovviamente, dato che siamo sensibili intellettuali, ci è sempre sembrato scontata l’idea di terminare lì il nostro peregrinare in bici, un simbolico .punto al termine di un mese di pedalate controvento.
Una sorta di cimitero degli elefanti dove andare a spegnersi tra innumerevoli birre, solo con “ciccioni” al posto di “elefanti”.

#12 : LA PIOGGIA

#12 : LA PIOGGIA

Se pensate di poter pedalare in Islanda rimanendo asciutti, forse è il caso di ridimensionare un attimo le vostre aspettative.
Se c’è una cosa che l’Islanda ci tiene tantissimo a insegnarvi è che non bisogna MAI sentirsi sicuri. Che si parli del vento, della pioggia, del terreno difficile, della pendenza, non bisogna MAI pensare che il peggio sia alle spalle; nel momento stesso in cui crederete di essere al sicuro, l’Islanda sbucherà da dietro un angolo per urlarvi in faccia e scuotervi fortissimo. Premurosa e attenta come un pazzo psicotico.
Il mio definitivo divorzio dall’Islanda e dal suo clima che per necessità definirò “pazzerello” avviene la mattina in cui lasciamo Vik.

#11 : Il post in cui metto solo foto del ghiaccio

#11 : Il post in cui metto solo foto del ghiaccio

Poco distante da Gerði abbiamo il nostro primo incontro con gli iceberg.
Già dal campeggio in cui ci fermiamo per la notte è possibile vedere le propaggini del Vatnajökull, il più grande ghiacciaio islandese, che si estendono fino alla costa. Proseguendo per pochi chilometri si arriva a una delle mete più turistiche di tutta l’isola, la piccola baia di origine glaciale di Jökulsárlón.
È proprio per evitare il grosso dei turisti che viene deciso che la mattina sarà bene mettersi in marcia il prima possibile. Nell’unica mattina in cui avevo espresso il desiderio di prendercela con più calma. Sarà l’unica volta durante tutto il viaggio in cui Sio e Nick decideranno di darsi una mossa appena svegli.
Al mio naso l’odore di complotto si fa sempre più intenso.

#10 : Di Campeggi e Campeggiatori

Arrivando a Höfn notiamo con gioia che il circo dev’essere in città.
I dintorni di quello che sembra essere il campeggio sono infatti costellati da enormi carrozzoni che devono certamente ospitare clown e bestie esotiche.
Vi lascio immaginare il nostro disappunto quando ci accorgiamo che i numerosi veicoli sono invece roulotte, comunque colme di clown e bestie esotiche.
/hashtag sottile satira di classe tra viaggiatori.

#09 : Si scende verso Sud

#09 : Si scende verso Sud

Il nostro arrivo a Egilsstaðir è trionfale.
Arriviamo sicuri e boriosi, convinti che il peggio sia ormai alle nostre spalle. Ci riposiamo un giorno intero mentre sistemiamo il lavoro arretrato e ci occupiamo di fare provviste. Quando arriva il momento di ripartire siamo rilassati e certi che nulla ormai possa scalfirci.
Davanti a noi, la strada che dobbiamo percorrere, se la ride dall’alto dei suoi due picchi di sterrato, entrambi intorno ai cinquecento metri.
Noi ridiamo a nostra volta di ciò che ci aspetta, come dei perfetti idioti.

#08 : Distese Larghe e Lunghe

#08 : Distese Larghe e Lunghe

Dopo la nostra visita ai bucolici dintorni di Mývatn abbiamo iniziato a salire di quota, questa volta non per scalare e superare una cima ma per raggiungere il cuore vero dell’Islanda, le highlands.
Con highlands si intende il grosso del territorio islandese, tutto l’entroterra dell’isola è di fatto una sorta di deserto vulcanico con elevazioni che vanno mediamente dai quattrocento ai cinquecento metri; la vegetazione è quasi del tutto assente se non per qualche zona in prossimità dell’acqua macchiata da tappeti di erba fine e bassa.
Sembra che abbia copiato tutto dalla pagina di Wikipedia ma abbiamo toccato con mano la cosa e vi posso garantire che ormai conosciamo le highlands come le nostre tasche, hashtag forse.

#06 : Il post in cui scrivo "vento" duemila volte

#06 : Il post in cui scrivo "vento" duemila volte

Possiamo finalmente dire di essere ciclisti battezzati dall’Islanda.
Gli ultimi giorni ci hanno offerto la compilation completa di: pioggia, vento fortissimo in faccia, freddo, salite verticali.
Ora possiamo finalmente vantarci di avere conquistato i chilometri alle nostre spalle, ma la verità è che durante l’impresa eravamo pallide ombre piagnucolanti di noi stessi.
Niente come il vento è in grado di spezzare lo spirito di un ciclista, specialmente quando il ciclista in questione parte già con pochissima voglia di intraprendere una scalata (sì, sto parlando di me stesso).

#05 : "Avete voluto la bicicletta..."

#05 : "Avete voluto la bicicletta..."

Cerco di fare mente locale chiedendomi da quanti giorni siamo in bici.
Sono quattro vero?
Cerco la conferma di Sio.
Viene fuori che sono otto giorni pieni.

Pare che il folle divertimento degli ultimi giorni mi stia facendo perdere la cognizione del tempo; oppure può dipendere dal fatto che ogni sera arrivi alla meta con la carica e la gioia che di solito contraddistinguono un condannato a morte.
Per quanta possa essere la fatica su strada, è comunque sempre ricompensata dai paesaggi mozzafiato che ogni giorno si offrono alla nostra vista.

#04 : Islanda at Last

#04 : Islanda at Last

Svalbard alle spalle riusciamo ad arrivare sani e salvi in Islanda.
Ma non prima di una comoda attesa di venti ore nell’aeroporto di Oslo e una notte passata dormendo in un fortino costruito con i cartoni delle bici (e le relative bici dentro).
Atterrati a Reykjavik ci accorgiamo di possedere un’inaspettata scorta di karma positivo, che conduce a una serie di eventi favorevoli che iniziano alla nostra uscita dall’aeroporto.

#03 : di Volatili e Bagni Ghiacciati

#03 : di Volatili e Bagni Ghiacciati

Sto scrivendo dall’aeroporto di Oslo. Sono le 18.00.
Il nostro volo delle 16.20 è slittato fino ad ora e stiamo ancora aspettando di sapere quando potremo partire alla volta di Reykjavik.
Nell’attesa ringraziamo i bibitoni di Starbucks, le sue comode poltroncine e le sue prese elettriche.
Visto che l’orario di partenza è incerto ne approfitto per accendere il computer e buttare giù qualche battuta per fare il punto degli ultimi giorni: abbiamo fatto e visto un sacco, abbiamo esplorato e lavorato ai contenuti che metteremo online nelle prossime settimane.
Tuttavia si sa, mangiare un panino con il tonno è una cosa, raccontarlo un altra; gli ultimi giorni sono stati fitti di quel tipo di eventi che una volta raccontati risultano noiosi e privi di interesse per il lettore.
Vi lascio con qualche aneddoto e considerazione a caso su di un viaggio che sta ancora prendendo forma.

#02 : In partenza

#02 : In partenza

Dopo una notte serena, passata su Internet cercando informazioni sulle morti causate dagli orsi polari, mi alzo con la gioia e la positività che mi contraddistinguono e mi avvio verso la stazione per incontrare Sio, sicuro che nel giro di pochi giorni finiremo sbranati e/o assiderati.

Arrivo in stazione con una buona mezz’ora di anticipo, il tempo di fare colazione e Sio arriva, bardato come solo chi è padrone di una estrema capacità organizzativa sa fare; oltre a un grosso borsone porta due borse da bici legate insieme con del nastro adesivo, un sacchetto di carta pieno di cose buttate a caso e un ukulele con custodia.
Penso con intensità allo sforzo che dovrò fare nei prossimi due mesi per non percuoterlo fortissimo con un bastone.

#01 : Si ricomincia!

#01 : Si ricomincia!

Ciao a tutti!

Fuori dalla mia finestra in questo momento c’è una discreta brezza, che rinfresca appena una classica giornata di fine giugno, calda e assolata.

Sono al computer in pantaloncini e maglietta, eppure accanto a me c’è un sacco a pelo per le basse temperature e indumenti termici, in attesa di essere piegati e sistemati in uno zaino.
Nick mi ha appena chiesto di scrivere una breve introduzione, mentre Sio sistema un logo adatto al ritorno del progetto UnCommon, a pochi giorni dalla sua nuova partenza.

#13 : Il nostro Hokkaido: Da Hakodate a Capo Soya e la fine del viaggio.

#13 : Il nostro Hokkaido: Da Hakodate a Capo Soya e la fine del viaggio.

Dopo qualche ora di traghetto in compagnia degli altri viaggiatori conosciuti ad Aomori, abbiamo sentito l'altoparlante dire : "Stiamo attraccando ad Hakodate, si prega di prepararsi per scendere dal traghetto". 

E via di incredulità, con un pizzico di commozione. 

Eravamo appena "tornati" nel nostro Hokkaido, dove entrambi abbiamo vissuto per quasi due anni. Con l'unica differenza che, questa volta, ci eravamo arrivati in bicicletta. 

#12 : Niigata, Akita e Aomori. Le grandi pedalate.

#12 : Niigata, Akita e Aomori. Le grandi pedalate.

L'arrivo a Niigata è stato carico di entusiasmo: finalmente eravamo giunti sull'altro versante del Giappone, avevamo attraversato le alpi giapponesi ed eravamo pronti a goderci la città per un paio di giorni di riposo. Peccato però che tutto quell'entusiasmo non abbia trovato alcun riscontro : per dirla in poche parole, a Niigata non c'è niente. NIENTE. 

#11 : Storie di montagna, da Tokyo a Niigata.

#11 : Storie di montagna, da Tokyo a Niigata.

E così, dopo i nostri 6 giorni a Tokyo a fare tutto quello che un turista non farebbe mai (ed evitare quasi tutte le cose turistiche possibili e immaginabili), siamo montati in sella alle nostre Specialized Tricross e siamo partiti; direzione : le alpi giapponesi e la città sull'altro versante del Giappone, Niigata. 

#10 : Come spendere 518400 secondi a Tokyo.

#10 : Come spendere 518400 secondi a Tokyo.

Dove eravamo rimasti? 

Ah già, Atsugi, estrema periferia di Tokyo. No, sul serio, ESTREMA. Vi basti sapere che il diametro dell'area urbana di Tokyo supera ampiamente i 100 km quindi quando dico periferia intendo quello che per noi italiani può tranquillamente essere "il capoluogo della regione a fianco". 

#09 : Tutte le strade portano a Tokyo...

#09 : Tutte le strade portano a Tokyo...

Se è vero che da noi tutte le strade portano a Roma, da questa parte del mondo probabilmente porteranno a Tokyo. 

Appena lasciata Nagoya, ci siamo diretti verso Omaezaki, dove un'altra nostra ex compagna di università ci aspettava...