Possiamo finalmente dire di essere ciclisti battezzati dall’Islanda.
Gli ultimi giorni ci hanno offerto la compilation completa di: pioggia, vento fortissimo in faccia, freddo, salite verticali.
Ora possiamo finalmente vantarci di avere conquistato i chilometri alle nostre spalle, ma la verità è che durante l’impresa eravamo pallide ombre piagnucolanti di noi stessi.
Niente come il vento è in grado di spezzare lo spirito di un ciclista, specialmente quando il ciclista in questione parte già con pochissima voglia di intraprendere una scalata (sì, sto parlando di me stesso).
#05 : "Avete voluto la bicicletta..."
Cerco di fare mente locale chiedendomi da quanti giorni siamo in bici.
Sono quattro vero?
Cerco la conferma di Sio.
Viene fuori che sono otto giorni pieni.
Pare che il folle divertimento degli ultimi giorni mi stia facendo perdere la cognizione del tempo; oppure può dipendere dal fatto che ogni sera arrivi alla meta con la carica e la gioia che di solito contraddistinguono un condannato a morte.
Per quanta possa essere la fatica su strada, è comunque sempre ricompensata dai paesaggi mozzafiato che ogni giorno si offrono alla nostra vista.
#04 : Islanda at Last
Svalbard alle spalle riusciamo ad arrivare sani e salvi in Islanda.
Ma non prima di una comoda attesa di venti ore nell’aeroporto di Oslo e una notte passata dormendo in un fortino costruito con i cartoni delle bici (e le relative bici dentro).
Atterrati a Reykjavik ci accorgiamo di possedere un’inaspettata scorta di karma positivo, che conduce a una serie di eventi favorevoli che iniziano alla nostra uscita dall’aeroporto.
#03 : di Volatili e Bagni Ghiacciati
Sto scrivendo dall’aeroporto di Oslo. Sono le 18.00.
Il nostro volo delle 16.20 è slittato fino ad ora e stiamo ancora aspettando di sapere quando potremo partire alla volta di Reykjavik.
Nell’attesa ringraziamo i bibitoni di Starbucks, le sue comode poltroncine e le sue prese elettriche.
Visto che l’orario di partenza è incerto ne approfitto per accendere il computer e buttare giù qualche battuta per fare il punto degli ultimi giorni: abbiamo fatto e visto un sacco, abbiamo esplorato e lavorato ai contenuti che metteremo online nelle prossime settimane.
Tuttavia si sa, mangiare un panino con il tonno è una cosa, raccontarlo un altra; gli ultimi giorni sono stati fitti di quel tipo di eventi che una volta raccontati risultano noiosi e privi di interesse per il lettore.
Vi lascio con qualche aneddoto e considerazione a caso su di un viaggio che sta ancora prendendo forma.
#02 : In partenza
Dopo una notte serena, passata su Internet cercando informazioni sulle morti causate dagli orsi polari, mi alzo con la gioia e la positività che mi contraddistinguono e mi avvio verso la stazione per incontrare Sio, sicuro che nel giro di pochi giorni finiremo sbranati e/o assiderati.
Arrivo in stazione con una buona mezz’ora di anticipo, il tempo di fare colazione e Sio arriva, bardato come solo chi è padrone di una estrema capacità organizzativa sa fare; oltre a un grosso borsone porta due borse da bici legate insieme con del nastro adesivo, un sacchetto di carta pieno di cose buttate a caso e un ukulele con custodia.
Penso con intensità allo sforzo che dovrò fare nei prossimi due mesi per non percuoterlo fortissimo con un bastone.
#13 : Il nostro Hokkaido: Da Hakodate a Capo Soya e la fine del viaggio.
Dopo qualche ora di traghetto in compagnia degli altri viaggiatori conosciuti ad Aomori, abbiamo sentito l'altoparlante dire : "Stiamo attraccando ad Hakodate, si prega di prepararsi per scendere dal traghetto".
E via di incredulità, con un pizzico di commozione.
Eravamo appena "tornati" nel nostro Hokkaido, dove entrambi abbiamo vissuto per quasi due anni. Con l'unica differenza che, questa volta, ci eravamo arrivati in bicicletta.
#12 : Niigata, Akita e Aomori. Le grandi pedalate.
L'arrivo a Niigata è stato carico di entusiasmo: finalmente eravamo giunti sull'altro versante del Giappone, avevamo attraversato le alpi giapponesi ed eravamo pronti a goderci la città per un paio di giorni di riposo. Peccato però che tutto quell'entusiasmo non abbia trovato alcun riscontro : per dirla in poche parole, a Niigata non c'è niente. NIENTE.
#11 : Storie di montagna, da Tokyo a Niigata.
E così, dopo i nostri 6 giorni a Tokyo a fare tutto quello che un turista non farebbe mai (ed evitare quasi tutte le cose turistiche possibili e immaginabili), siamo montati in sella alle nostre Specialized Tricross e siamo partiti; direzione : le alpi giapponesi e la città sull'altro versante del Giappone, Niigata.
#10 : Come spendere 518400 secondi a Tokyo.
Dove eravamo rimasti?
Ah già, Atsugi, estrema periferia di Tokyo. No, sul serio, ESTREMA. Vi basti sapere che il diametro dell'area urbana di Tokyo supera ampiamente i 100 km quindi quando dico periferia intendo quello che per noi italiani può tranquillamente essere "il capoluogo della regione a fianco".
#09 : Tutte le strade portano a Tokyo...
#08 : Ancora grandi città : Kyoto e Nagoya
Ahhh, Kyoto. Finalmente!
Appena arrivati in città, siamo subito stati accolti da una megasorpresa : Chiara, Federica e Orsola, tre nostre ex compagne di corso a Venezia ci hanno contattato la sera prima e ci hanno delicatamente imposto di passare a trovarle, offrendoci un comodissimo pavimento per i sacchi a pelo, una grandiosa doccia e soprattutto, una fantastica serata insieme!
#07: Le prime grandi città. Osaka e Nara
La sera prima di arrivare a Osaka ci siamo fermati a Takarazuka.
Perchè?
Perchè è la città dove ha vissuto il RE. No, non Elvis, non quel Re. Sto parlando di Osamu Tezuka, il Re del fumetto giapponese.
#06: Dal deserto alla neve. Onomichi, Tottori e ritorno.
#05 : Hiroshima, altre bombe, Dogo Onsen e la pista ciclabile più lunga del Giappone.
#04 : Animali, Fukuoka, Kitakyushu e Miyajima.
#03 : Nagasaki, Gunkanjima, le bombe e gli ostelli.
Fa ridere perché questo è solo il terzo post di questo blog e abbiamo già degli arretrati. Nello scorso post mi sono completamente dimenticato di parlare di Tomioka, la città che più ci ha voluto bene in assoluto!
Dunque, immaginatevi l'arrivo di due stranieri, in sella alle loro biciclette, in un piccolissimo e sperduto paesino portuale giapponese (una roba da 300 abitanti, per intenderci). E no, non stiamo parlando di due stranieri belli freschi e puliti: parliamo di due gaijin bagnati zuppi (mai presa così tanta pioggia e grandine), stanchi morti e soprattutto affamati. Ecco, questo è lo scenario con cui si sono aperte le nostre avventure a Tomioka.